Affettività, sessualità e lutto
Non chiedere ad una persona il lutto di essere forte quando non può esserlo. Non consigliarle di non piangere, perché le lacrime fanno parte del dolore. Non comparare la sua...
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Sii un girasole accanto ai salici piangenti
Ascolta bene ciò che non ti dico.
Non lasciarti ingannare da me.
Non lasciarti ingannare dalle mie apparenze.
Perché sono solo una maschera, forse mille maschere che ho paura di togliere,
anche se nessuna di esse mi rappresenta.
Do l’impressione di essere sicuro, che tutto procede a gonfie vele,
dentro come fuori, di essere la fiducia in persona,
di possedere la calma come una seconda natura,
di essere in controllo della situazione e di non aver bisogno di nessuno.
Ma non credermi, ti prego.
Esteriormente posso apparire tranquillo, ma ciò che vedi è una maschera.
Sotto, celato, c’è il mio vero io nella confusione, nella paura, nella solitudine.
Ma lo nascondo.
Non voglio che nessuno lo sappia.
Sono preso dal panico al solo pensiero di esporlo.
Ecco perché ho costantemente bisogno di creare una maschera che mi nasconda,
un’immagine pretenziosa, che mi protegga dallo sguardo che capisce.
Ma tale sguardo è precisamente la mia salvezza.
Ed io lo so.
Quando, però, è seguito dall’accettazione dell’amore allora diventa lo strumento
che può liberarmi da me stesso, dal meccanismo di barriere che ho eretto;
lo strumento che mi può rassicurare di ciò che non riesco a convincere me stesso:
di valere veramente qualcosa.
Questo però non te lo dico. Non ho coraggio.
Ho paura che il tuo sguardo non sia seguito dall’accettazione, dall’amore.
Forse temo che tu possa cambiare opinione su di me,
che ti prenda gioco di me e che il tuo sorriso mi uccida.
Ho paura, in fondo in fondo, di non valere niente,
che tu ti accorga di questo e mi rigetti.
Allora continuo il mio gioco di pretese disperate con una apparenza esteriore sicura
e con un bambino tremante dentro.
Sfoggio la mia sfilata di maschere e lascio che la mia vita diventi finzione.
Ti racconto tutto ciò che non conta niente e niente di ciò che è veramente importante,
di ciò che mi strugge dentro.
Perciò quando riconosci questa routine non lasciarti distrarre dalle mie parole:
ascolta bene ciò che non ti dico, ciò che vorrei dire, ciò che ho bisogno di dire,
ma che non riesco a dire.
Non mi piace nascondermi, te lo confesso.
Vorrei tanto essere spontaneo, onesto e genuino, ma tu devi aiutarmi.
Per favore stendi la tua mano, anche quando questa sembra sia l’ultima cosa che voglio.
Tu puoi portare alla luce la mia vitalità: ogni volta che sei gentile, attento e premuroso,
ogni volta che cerchi di comprendere perché mi vuoi bene il mio cuore palpita e rinasce.
Voglio che tu sappia quanto sei importante per me,
come tu hai il potere di far emergere la persona che sono.
Solo se lo vuoi.
Ti prego, ascoltami.
Tu puoi far cadere le barriere dietro le quali mi rifugio,
tu puoi rimuovere la mia maschera,
tu puoi liberarmi dalla mia prigione solitaria.
Non ignorarmi! Per favore non passare oltre!
Abbi pazienza con me.
A volte, sembra, che quanto più ti avvicini tanto più mi ribelli alla tua presenza.
E’ una cosa irrazionale, ma è così: combatto ciò di cui ho bisogno.
L’uomo è spesso fatto così!
Ma l’amore è più forte di ogni resistenza e qui sta la mia speranza.
La mia vera speranza.
Aiutami a far cadere le barriere con le tue mani sicure,
ma con mani gentili perché un bambino resta molto fragile.
Chi sono, ti domandi?
Sono qualcuno che conosci molto bene.
Sono ogni persona che incontri.
Sono te stesso.
Arnaldo Pangrazzi
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